giovedì 16 marzo 2023

Ultime dall'abbraccio


Recentemente ho iniziato a proporre il mio lavoro di sostegno alla relazione madre-figlia anche nella fascia adolescenziale.

Con grande cautela e circospezione, perché intanto di adolescenti ne ho già abbastanza in casa (e dei relativi sorci verdi che mi fan vedere ad ogni piè sospinto); eppoi perché si sa che in genere le adolescenti non vogliono farsi tanto abbracciare dalla mamma. Eh ma questo è il metodo Volpiano, quindi stiamo a vedere cosa succede, a proporlo.

Così arriva Asia 17 anni e la sua mamma, e l'abbraccio è uno scoglio: alla mia richiesta di potersi abbracciare tra loro due, Asia fa la recalcitrante, si alza di malavoglia, il contatto con la mamma è posticcio, giustapposto, condito di sbuffi e smorfie. Chiedo loro pazienza, e poi Asia depositerà le sensazioni provate nell'abbraccio sulla sagoma che la mamma le ha disegnato su un grande foglio, tratteggiandole i suoi contorni. Il contorno del corpo di Asia, delineato dalla mamma con un pennarello, diventa il contenitore delle emozioni rese visibili dai colori e tratti che Asia sceglierà via via di lasciare sul foglio.

Dopo qualche assestamento, il procedimento diventa chiaro: si inizia con l' abbraccio, la mamma esce, Asia dà forma sulla sua sagoma a tracce di emozioni e sensazioni che l'abbraccio ha messo in evidenza, e intanto ne parla.

Questo modo di procedere forse in partenza un po' artificioso ci permette però di parlare di stati d'animo reali, con autenticità: Asia non si nasconde a lungo dietro un chiacchiericcio vuoto che apre l'inizio di ogni colloquio, perché lì, sulla sagoma, si vede davvero la rabbia, la vergogna, la tristezza... e ogni volta Asia riesce a cogliere il collegamento tra quello che l'abbraccio le permette di sentire, di contattare, e gli episodi che nella sua giornata l'hanno fatta sentire in quel modo... insomma, come se nel corpo si fossero depositate le valenze emotive delle esperienze, l'abbraccio è a tutti gli effetti un riattivatore di ricordi più o meno vicini e di emozioni ad essi collegati, e ci ragioniamo assieme in modo semplice ma profondo.

Via via che gli incontri proseguono, noto che Asia si lascia andare un po' di più in quell'abbraccio, si appoggia, si abbandona, ed emerge in effetti che lei ci tiene proprio a sentirsi figlia, a trovare uno spazio di esclusività con la mamma nonostante gli altri 4 fratelli lo rendano un po' faticoso!

L'abbraccio è il luogo dove io ho imparato, sin dal mio inizio, a sentire le mie emozioni contenute e quindi significate e superate: e questo vale anche ora, in fin dei conti, anche a diciassette anni, anche se non voglio parlare alla mamma del ragazzo che non mi guarda, delle amicizie che mi deludono, ma anche di quanto a volte io mi senta timorosa e inadeguata e ancora di quanto mi spiaccia per le ingiustizie che vedo in famiglia... l'abbraccio della mamma mi aiuta ad incontrare me stessa e a rendermi incontrabile .

Asia infatti è contenta del suo lavoro, soprattutto la volta che riesce a depositare il segno che rappresenta l'affetto e la commozione... e anche se inizialmente non lo vuole mostrare alla mamma ne parla con orgoglio, perché ha capito le emozioni che a volte dentro di sé diventano troppo intense, o troppo confuse, e lì coi pennarelli e i gessetti e i pastelli a cera prova a districarle, distinguerle, collocarle nelle varie parti del corpo: e così si conosce un po' di più, si riappropria un po' di più di sé, grazie a questo "stratagemma" dell'abbraccio della mamma.

La quale rimane un po' confusa a sua volta, del fatto che la figlia diventi più consapevole di quello che la muove e riesca a parlarne senza fare le solite scenate... piccole donne crescono. Intanto hanno consolidato il rito della colazione al bar loro due assieme, una volta la settimana. 

Che strano, pensa Asia, che per sapere meglio chi sono debba ancora avere bisogno dell'abbraccio della mamma. Eppure la mamma è ancora una base sicura, anche in adolescenza, intanto che si va sempre più lontano e si ritorna sempre più di rado... per trovare conferma, conforto, risposte, sguardi che mi riconoscono e che mi dicono la verità di me. Anche quando non lo vorrei sapere. Anche quando vorrei sentirmi dire cose diverse e invece la mamma è uno specchio talvolta impietoso sui miei limiti, sulle cose che non so ancora governare di me, su quelle che devo ancora lavorarci su.

Gli incontri non sono stati molti, ma stare nell'abbraccio ha permesso ad Asia di ricontattare le emozioni principali nel suo corpo, e quindi di saperne un po' di più.

Ora ha un ragazzo, ed al momento le basta sentire questa emozione.



giovedì 9 febbraio 2023

I DEDI E LA SCUOLA- 2






 Oggi parlo di Francesco.

La domanda di Francesco sulla scuola e su quanto questa propone è sempre stata " che senso ha?". Una domanda di tipo filosofico, a cui la scuola non ha saputo rispondere seriamente, perché non si aspetta di dover rispondere, evidentemente: è lei che normalmente chiede. E Francesco infatti già alle elementari non ne capiva bene il senso, quando mi diceva:   "mamma ma la maestra non sa niente! Fa sempre domande, meno male che gliele diciamo noi, le cose".

Ecco. Era sensibile a colmare le lacune della maestra, perché lui imparava altrove, sui libri, per conto suo: non capiva il senso di strutturare l'apprendimento altrimenti. Che senso hanno le verifiche? Le interrogazioni? I voti? I compiti? Domande filosofiche, e la scuola non capiva che era lui, ad interrogarla... ma certo, poi lui rispondeva alle domande delle interrogazioni perché voleva bene alle maestre, gli facevano evidentemente anche un po' tenerezza. Francesco è un tipo estremamente gentile. 

Alle medie c'è stata una avvisaglia di ribellione, ad un certo punto: visto che nessun docente rispondeva in modo soddisfacente alla sua domanda filosofica, aveva smesso di fare i compiti. Non che non li volesse fare: è che semplicemente voleva capirne il senso.  La scuola allora gli aveva risposto gentilmente e semplicemente " fidati di me, Francesco, capirai". Evabbè si era fidato, gli spiaceva vedere che i prof soffrivano per lui.

Le superiori invece è stata battaglia aperta: i prof non si dispiacevano per lui, e continuavano a non rispondere alla sua domanda filosofica, e non gli dicevano più fidati, come alle medie, ma "peggio per te". Ma lui proprio non ce la fa, se non gli viene testimoniato un senso che lo convinca. 

Per lui ha senso solo l'amicizia e l'amore.

 Infatti per lui gli amici vengono al primo posto: è andato a vedere la maturità dei suoi compagni di classe, quando lui non vi era stato ammesso ("peggio per te" era esitato in questo,  "non ti ammettiamo alla maturità"). 

E poi l'amore: ha deciso di iscriversi all'università ora, perché la sua ragazza evidentemente dà senso alla cosa. 

Lo vedrei bene a filosofia...!

mercoledì 8 febbraio 2023

I DEDI E LA SCUOLA

 I Dedi è il soprannome dei miei figli, un nome collettivo. Sono tre.

Sto pensando che ognuno di loro ha un'esperienza specifica con la scuola e, siccome è uno dei miei temi più approfonditi, ho deciso di fare anche qualche riflessione a proposito proprio come madre.

Dedo è disgrafico dislessico, ma prima di arrivare alla diagnosi della terza media c'è un precedente, forse un evento traumatico che lo spiega? Non sono sicura di poter dimostrare il collegamento, ma si tratta della scuola dell'infanzia.

Era la festa del papà e tutti i bambini avevano un disegnino da portare in dono: quello di Dedo era particolarmente fedele all'immagine paterna... tondetto, capelli ricci, occhiali. Troppo fedele. Davanti alla maestra gli ho chiesto (eh lo so ho sbagliato) :"che bello, lo hai disegnato tu?". La maestra sollecita risponde davanti a lui:" no, l'ho disegnato io: lui disegna troppo male". 

GIURO, CREDETECI.

Ovviamente Dedo da allora non ha più disegnato nulla, tranne per la fine del ciclo scolastico, per la festa conclusiva: ha dovuto, perchè tutti i bambini avevano il proprio disegno appeso tra gli alberi in giardino.

Dedo ci mostra il suo, dal titolo "l'aria non si vede ma c'è". A stento si individuavano sfumature azzurrastre sul foglio bianco. 

Soluzione geniale, non trovate?

È l'ultima volta che ha disegnato a tema libero.




giovedì 26 maggio 2022

Dopo tanto tempo...

 Cari amici delle Fiabe col Guscio,

dopo tanto tempo mi rifaccio viva per rassicurarvi che le Fiabussole continuano a nascere, sempre di nuove... e si affacciano a nuove esperienze! In primis voglio raccontarvi della occasione di essere raccontate all'Università Cattolica in una lezione per le allieve di Scienze della Formazione, del primo e secondo anno.

Spero che questo sia l'inizio di una collaborazione con questa realtà dove io stessa mi sono formata, è un po' come ritornare a casa... stay tuned!




sabato 27 febbraio 2021

EVVIVA LA REGINA!

 Di cosa voglio parlarvi oggi? 

La regina del titolo non è la protagonista di una nuova fiabussola, (anche se ne stanno nascendo sempre di nuove!), ma si tratta di Suor Regina.

Sì stavolta voglio parlarvi di me, di una mia esperienza dell'asilo che  mi ha segnato al punto da farmi scegliere questo lavoro! Di solito lo dico scherzando, ai miei corsi di formazione per le insegnanti di asilo nido. E loro ridono....

"Guardate bambini: questa è una bambina cattiva!" Questo è il mio primo ricordo dell'asilo: ho quattro anni, sono di fianco a suor Regina, io in piedi e lei seduta alla cattedra, davanti a me tutti i bambini ammutoliti, che vedo confusamente tra le lacrime. Cattiva??? Mia mamma non mi ha mai detto cattiva, mai mai. Cattiva perché sto piangendo. Forse mi manca la mamma. Ora che sono accusata e umiliata per un motivo assurdo mi manca ancora di più.

Ridete anche voi? Meno male che non ci sono più le suore ad insegnare, eh? E invece vi stupirebbe sapere che ancora al giorno d'oggi ci sono maestre così, anche senza essere suore, ma non sanno aiutare i bambini a gestire le loro tristezze, le loro emozioni, se non sgridando e mortificando. 

Solo questo ultimo mese ne ho visti due di bambini con questa esperienza : due bambini svegli, intelligenti e sensibili sopra la media, e i genitori che vengono da me affranti e con devastanti sensi di colpa perché le maestre non sanno più cosa fare, sono ingestibili. 

E quando chiedo perché e cosa fanno, scopro che si tratta semplicemente di emozioni intense da accogliere, contenere, regolare: ce lo insegnano le neuroscienze, "connect and redirect"... ma anche forse un po' di buon senso? Umiliare un bambino perché prova delle emozioni intense non gli insegna a gestirle meglio, lo blocca solamente nel senso di colpa e di inadeguatezza. Pensi di aver ottenuto un risultato, invece lo hai spento. Quel bambino si sente sbagliato, i suoi genitori si sentono sbagliati... sono ferite, saranno cicatrici.

Ora mia mamma, che era una sveglia, mi ha spostato subito nella classe della signorina Renata: e io non ho più pianto. Ogni tanto mi chiedo come sarebbe stato se mia mamma mi avesse lasciato con suor Regina, affidandosi alla sua autorità pluriennale piuttosto che fidandosi del proprio sentire: secondo me ha fatto bene, e le sono grata anche per questa cosa, tra tutte le altre! 

Non voglio sentirvi dire "ah la tua mamma come i genitori elicottero, genitori spazzaneve, mamme tigri etc etc": sono qui a ribadire a voi genitori (e a voi insegnanti, che poi tante siete anche mamme!) che bisogna che vi fidiate di quello che sentite, perché il principio delle "giusta frustrazione" (ovvero offrire con gradualità al bambino sfide che possa affrontare e superare con una certa dose di difficoltà ma anche con una buona probabilità di successo) si misura proprio così, col sentire. (eh no, non basta l'osservazione, le tabelle dei percentili e i paragoni con gli altri bambini!) 

Perché, se è vero che "Non si vede bene che col cuore", come è scritto nel Piccolo Principe, è vero che il cuore dei genitori ci vede benissimo!

(E comunque evviva la Regina: forse davvero non avrei fatto questo mestiere, se non l'avessi incontrata!)



mercoledì 2 settembre 2020

Danze-casa di madri e figlie /1

 Recentemente ho chiesto alle mamme con cui ho lavorato di raccontare qualcosa della relazione con la propria figlia "come se fosse una danza": ringrazio qui chi ha voluto raccontare della proprie "danze-con-figlia"! E' molto interessante notare che tutte hanno descritto delle "danze-casa", ovvero movimenti spontanei caratterizzati da piacevolezza, sicurezza, famigliarità (e quindi, tra l'altro, intrinsecamente belli! )

Ecco qui di seguito i loro contributi:

dice Erika (mamma di due figlie): La musica e la danza hanno sempre avuto un posto importante nella mia vita. Quando aspettavo la mia primogenita mi sembrava che note e movimento potessero creare una connessione ancora più speciale tra noi: gesti d’amore che solo noi potevamo decifrare! Quando è venuta al mondo le danze erano quelle fatte per farla addormentare: movimenti dolci e calmi sussurrandole una ninna nanna. Poi le cose si sono fatte sempre più movimentate: abbiamo prima ballato e saltato abbracciate cantando a squarciagola e poi tenendoci la mano…. gioia allo stato puro! La secondogenita è stata subito contagiata da questa energia, dimostrando immediatamente una passione sfrenata per questo “gioco”. Accenna al movimento appena sente della musica e ride come una matta quando in salotto facciamo i nostri party privati! Poi la sera, quando le luci si spengono ed arriva il momento del riposo, è il suo momento di essere presa tra le braccia: i gesti si fanno lenti, la musica è solo nella mia mente e il ritmo è scandito dal battito dei nostri cuori!

la danza dell'attaccamento sembra inizi già dalla pancia della mamma, in particolare dalle 18 settimane il bambino è in grado di ascoltare il ritmo del cuore materno e sintonizzarsi su quello! Mi colpisce del suo racconto la differente qualità delle danze a seconda della situazione... si potrebbe parlare di adjustment, della e nella relazione, caratteristica dell'attaccamento sicuro. 

Anche Stefy ne parla: Ho danzato con mia figlia letteralmente quando era nella mia pancia. Ho danzato con tutti i miei figli tanto che ognuno di loro ha una musica tutta sua. In particolare mia figlia mi ha preso talmente alla lettera che già in pancia era come un onda di mare...non si fermava mai....abbiamo danzato tanto insieme con la mente e col corpo e ora che lei è adolescente a volte la danza diventa sfrenata.....

Anche Erika (un'altra mamma!) racconta: Danzare con le mie figlie ha per me un significato profondo: sono corpi che si ri-conoscono, si sintonizzano alla ricerca di un equilibrio fatto di passi in avanti e passi indietro. Ho danzato con la mia primogenita nella pancia e poi tra le mie braccia; ho danzato tenendo le sue mani sentendo la seconda muoversi dentro di me; ora danziamo insieme, lasciandoci trasportare dalla musica, permettendo ai nostri corpi di creare movimento e narrazione. E ogni volta la danza ci scalda il cuore!

 Io credo che le danze tra mamma e figlia tengano sempre insieme, in modo ogni volta nuovo, l'unicità di ciascuna e la profondità di ciò che le collega... quasi un paradosso essere profondamente unite e anche meravigliosamente distinte. Me lo immagino come un ricamo infinito...



to be continued...