Mi sono accorta di dare per scontato il mio modo di lavorare ma, mi fanno notare, devo sforzarmi di raccontarlo alla pari di come racconto le mie fiabe. Tra l'altro è inventato da me, proprio come le mie fiabe!
Che metodo di lavoro è? A cosa si ispira?
Della ispirazione ne ho parlato più volte: nasce dalla mia passione per le fiabe, sbocciata sin dalla prima infanzia ascoltando il mio nonno materno Antonio (un vero fulèr - contastorie - romagnolo). E' stata poi alimentata ed indirizzata in senso professionale durante la mia formazione psicoanalitica col dott. Vittorio Volpi, nel senso che con lui si era iniziato a stendere una parte del protocollo della seduta, e precisamente la rielaborazione dei vissuti dell'operatore, in forma narrativa: e questo portava spesso a degli insight utili per il prosieguo del lavoro clinico.
Divenne quindi il mio modo di lavorare con la diade bambino/genitore omologo, e qui rispondo alla prima domanda: è un metodo che unisce la fiaba e la dimensione del movimento spontaneo e guidato nella coppia genitore-figlio, dove il movimento è utilizzato come amplificazione e approfondimento dei passi salienti della fiaba stessa. La fiaba viene creata da me, in qualità di testimone della relazione primaria, a partire da un momento loro di creazione artistica e da una mia successiva rielaborazione di elementi raccolti nella osservazione e di vissuti controtransferali (questo è spiegato nei miei libri UNA FIABA PERCHE', Bonaccorso Editore e LE FIABUSSOLE, Ericksonlive).
Cosa racconta la fiaba?
Per ogni coppia genitore-figlio la fiaba coglie un momento particolare della loro relazione, delle fatiche di crescere del bambino e della risorsa che il legame stesso può costituire, per superarle. Parla quindi di protagonisti, eventi critici (ostacoli, prove) di risorse, appunto, e di lieto fine: la fiaba può dare una idea complessiva del percorso di crescita in cui ogni volta, tante volte, si attraversano queste tappe per conquistare sempre nuovi livelli di consapevolezza.
Ma quale è lo scopo di questo lavoro?
Lo scopo è di rafforzare il legame primario come luogo dove poter conoscere e sperimentare le emozioni in modo sicuro e protetto, dove poter conoscere meglio se stessi nelle proprie risorse valorizzandole, e nei propri limiti, imparando ad integrarli in una esperienza di realtà. Questo vale in primis per il bambino, ma certamente anche per il genitore! In questo senso lo scopo è preventivo, ma anche risolutivo di piccole difficoltà, nella misura in cui ciascun componente della diade cresce in fiducia. Ed è proprio fiducia e speranza che le fiabe infondono.
E tu che ci stai a fare?
Io sono un po' una sorta di specchio che restituisce una immagine "3D" della relazione: come testimone rimando loro, tramite la fiaba, in quale emozione si possono essere imbattuti, in che difficoltà, e quali sono le risorse di cui dispongono per poterne venire a capo.
E la danzamovimento terapia?
E' l'utilizzo dei movimenti che colgo e cucio in una coreografia personale della diade, per rafforzare la relazione e la sua unicità.
E quanto dura?
Il percorso base dura generalmente in 4 o 5 incontri, di cui uno iniziale e finale di ascolto e poi restituzione alla coppia genitoriale. I due o tre centrali sono il momento in cui viene covata la fiaba, e poi narrata e infine danzata.
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