sabato 22 settembre 2018

MAMMA E PAPA': DUE SPECCHI IN CUI GUARDARSI

Proseguo qui a riportare spunti di riflessione proposti nei miei incontri coi genitori.
Mi è stato chiesto di raccontare la complementarietà di mamma e papà, nella funzione genitoriale.
Sono arrivata quindi a questo punto-gioco con uno specchietto portatile, di quelli che si aprono e hanno due facciate riflettenti: così aperto, l'ho appoggiato su di un tavolino e, nel mezzo, a rispecchiarsi, ho posto un piccolo omino dei lego. (A casa mia spuntano come funghi).
Sapete chi sono questi due specchi?
Ho esordito con questa domanda.
Sono la mamma ed il papà.
Il bambino ci si specchia dentro, e siccome sono due angolazioni diverse, rimandano due immagini lievemente differenti che, come figlio, avrò il compito di integrare, come un esercizio ortottico di convergenza, per farmi una immagine unitaria di me.
Innanzitutto quello che mi ritorna, con due genitori "sufficientemente buoni", sono due sguardi amorevoli: certo si arrabbiano, certo hanno dei limiti, ma sostanzialmente non sento mancare l'affetto. Se sono amato, se sento questo sguardo benevolo su di me, non devo essere malaccio. Qui nasce la fiducia di base.
Facciamo qualche altra riflessione su questi due specchi e sul bambino che vi si riflette?
Potremmo chiederci che tipo di specchio siamo.
Questo dipende dalla storia di ciascuno, da che genitori abbiamo avuto, da che figli siamo stati. Naturalmente ci saranno differenze tra i due genitori: allora la prima cosa importantissima è NON SVALUTARE AGLI OCCHI DEL BAMBINO l'immagine che l'altro genitore gli restituisce. Altrimenti gli accresciamo la difficoltà nel suo esercizio di convergenza, vi pare?
Come dice la Maioli Sanese, non così è importante se i due genitori portano due gerarchie valoriali diverse: ad esempio con la mamma si mangia a tavola, col papà si può stare sul divano a guardare la TV mentre si mangiano schifezze. O viceversa. Il bambino se ne fa una ragione, si riesce ad orientare tra queste differenze. Ma non si capacita se un genitore svaluta l'altro. E' come annullare uno dei due specchi. E' ridurre la prospettiva da 360 gradi a 180. Il bambino risulta psicologicamente amputato nell'immagine che si sta costruendo di sé. E' come avere metà dei pezzi di lego per fare una costruzione: rimarrebbe incompleta.
Potremmo anche chiederci che tipo di immagine restituiamo.
Per il figlio è importante sapersi pensato, (funzione riflessiva di Fonagy) questo dà la possibilità di percepire la continuità della propria identità attraverso i cambiamenti.
Ora sappiamo dalle ultime scoperte scientifiche che è ancor più di pensato: ogni nostra cellula, tutto il nostro corpo e non solo il cervello lo ha dentro, lo conosce. Qui si intravede il dna, la storia, non è solo la somiglianza fisica o di carattere: è il legame, che è più dell’essere pensato.
Ritornando all'immagine dei due specchi, chiediamoci cosa fa con la mamma? Cosa fa col papà? Il l bambino “si impara” attraverso il nostro corpo. Il corpo del papà, il corpo della mamma. Sono due esperienze diverse, perché sono due corpi diversi che si muovono diversamente. (Anja Witowska) Così il bambino conosce e si conosce per somiglianza e per differenza: il corpo della mamma è diverso dal corpo del papà, la storia del figlio con i due corpi è diversa. In più non è uguale se sono mamme di maschi o di femmine, papà di maschi o di femmine e chi ha figli sia maschi che femmine lo sa e per questo è importante ascoltare la loro esperienza. Infatti secondo Bollea (ma anche, in particolare, Vittorio Volpi) è importante che il bambino si identifichi nella immagine che gli restituisce il genitore dello stesso sesso, proprio perché è femmina come lei, o maschio come lui. Questo sembra mettere in secondo piano il genitore di sesso opposto, invece questi ha un ruolo particolare ed insostituibile, perché risulta il testimone più vicino del processo di identificazione e dunque colui o colei che più di chiunque altro può sostenere o interferire in questo delicato percorso. 

Ma è così difficile a volte, quando ci sono delle divergenze...
Vero: la differenza di storia personale può richiedere una fase laboriosa di accordo sulla linea educativa, e può comportare talvolta divergenze. Ma ora vi propongo una chiave di lettura sulle divergenze: se i due genitori percepiscono una situazione o comportamento del figlio in modo differente, si può ipotizzare la compresenza di emozioni differenti portate dal figlio e registrate ciascuna rispettivamente dai due "specchi". Ovvero la mamma dà voce alle une, il papà alle altre. Un conflitto interiore, insomma, che viene manifestato proprio da questa funzione riflettente dei due genitori.
La cosa comune dei due genitori però, è che per via del loro amore, dunque della loro capacità di sentire o sensibilità, colgono gli stati d'animo (anche contraddittori) del figlio, anche se lui non li dice (o non li sa dire, o teme di dirli).
L'unione anche in questo caso fa la forza!




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