lunedì 14 luglio 2014

asili nido: di necessità virtù

Ripresento qui un mio articolo scritto ai tempi del mio primogenito neonato... (ora mio figlio ha 14 anni, ma mi sembra ancora necessario per aiutare altri genitori!)

di Elena Rovagnati
Sono andata alla inaugurazione di un nuovo asilo nido vicino casa. 
Il posto accogliente, colorato, stimolante: avrei voluto giocarci io, dentro quella piscina di palline colorate. Tanti genitori, sorridenti; il commento che girava di più era: "meno male, ce n'era proprio bisogno, qui in zona praticamente è l'unico!".  
Altre mamme discutevano che il nido è meglio della baby-sitter, ma la motivazione non era un generico "perché non sai chi ti trovi"; era un ben preciso timore che il bambino, con la baby sitter (in questo caso poco onesta, oltre che poco preparata) possa stabilire un legame privilegiato che vada a spodestare i genitori... allora il nido è meglio, perché il gruppo "protegge" da rapporti esclusivi.
 Una mamma mi chiede "E tu?". "Io lo tengo a casa". Sguardi interrogativi, stupiti: sanno che lavoro faccio. Sono persino consulente e formatrice di personale educativo di asili nido. 
Allora devo, goffamente, spiegare: dieci anni fa, ero abbastanza convinta dell'inutilità, se non della dannosità, degli asili nido. Adesso penso piuttosto che il nido sia il "male minore" (a condizione di certe caratteristiche che poi dirò), e che sia una reale necessità, inevitabile, per molti genitori. Alla mia risposta alcune mamme, non potendomi dire che non ne capisco niente perché sono una esperta del settore, mi danno della privilegiata, della fortunata. 
Mi sento di precisare che sono i figli, ad essere privilegiati, fortunati, se la mamma (od il papà!) può stare a casa con loro nei primi -  fondamentali - tre anni di vita.

Ma una mamma intende "fortuna" anche quest'altra cosa: "Sì, ma tu sai cosa proporre ai tuoi figli, hai studiato queste cose.... io per esempio temo di non far giocare abbastanza mia figlia, non so che giochi farle fare... certo, cerco di interessarla a tutte le cose che faccio in casa, ma..." "Ma questo è già GIOCARE!" dico io. 
E poi devo dare un'altra goffa spiegazione su che cosa ho imparato, in tutti gli anni di studio.... 
La cosa che ho imparato ed in cui mi sono esercitata duramente, nella formazione in psicoanalisi ed in danzaterapia, è stata di ascoltare, capire e FIDARMI di quello che sento, per poterlo poi utilizzare. 
E' questo lo strumento principale nella mia professione, lo sanno bene gli “addetti ai lavori”. 
Che banalità! Si potrebbe pensare, di primo acchito. Ma in genere ci si impiega circa un otto anni, o di più, per imparare a fidarsi e ad "usare" quello che sentiamo. 
Ora che ci penso, mia madre aveva iniziato ad insegnarmelo sin da piccola, poi è iniziata la scuola... dove ho imparato a fidarmi del mio cervello, del ragionamento, della memoria, del "sapere". Solo dopo l'università ho capito che mi mancava una preparazione nel "sentire". Che avevo proprio relegato in un angolino e disprezzato questa facoltà. 
Allora, altri otto anni di allenamento, di studio, per recuperare quella cosa che mia mamma aveva iniziato ad insegnarmi... Una cosa che, a ben vedere, si può acquisire  non necessariamente con lauree e specializzazioni, dico alla mamma che si sminuisce nella sua capacità genitoriale.  
Nei miei corsi di pedagogia per operatori sociali, io insegno soprattutto questo: le informazioni “tecniche” sull'infanzia si imparano velocemente, è più difficile imparare a fidarsi dei sentimenti che si colgono nella relazione, e a tenerne conto per gestire un intervento educativo efficace. 
Un genitore che si fida di quello che sente, e lo utilizza nel rapporto col proprio figlio, è già tanto, è già di più di quello che possono dare le educatrici del nido, perché il genitore sente attraverso il canale privilegiato dell'AMORE. Penso che un genitore, se si fida di ciò che sente e se impara ad utilizzarlo nel suo ruolo educativo, è altrettanto adeguato (ed anche di più) di una educatrice o psicopedagogista esperte, e può anche benissimo fare a meno dell'asilo nido. Ma se per ragioni contingenti non è proprio possibile, la caratteristica principale a cui deve guardare nella scelta del nido è che le educatrici siano mosse da questo obiettivo principale: valorizzare e favorire il rapporto genitore-figlio. La manualità, la socializzazione, credetemi, vengono dopo.  
Scegliete nidi che tengano incontri periodici con i genitori, (non semestrali!) che vi coinvolgano in alcuni momenti, anche ludici, coi bambini; scegliete educatrici che non vi svalorizzino, ma che accettino un confronto con voi. Se vi accorgete di venir via dalle riunioni con una sensazione di inadeguatezza, perché vi hanno sminuito nella vostra competenza educativa, venite via anche da quel nido! Scegliete nidi che effettivamente attuano, e non solo propongono, la collaborazione con la famiglia.