venerdì 4 novembre 2016

Dimmi mamma di me!

Se dico che la mamma è lo specchio che la figlia costantemente interroga, per sapere di sé: vi viene in mente lo specchio di Biancaneve, spietato nel riferire la cruda verità?
No di certo, le mamme non hanno intenzioni crudeli, ma è vero che la figlia riceve dalla madre - solo passandoci davanti, come ad uno specchio - informazioni sulla propria realtà.
Questo accade perché in quella relazione (si chiama relazione primaria non per niente!) non c'è un luogo dove io mi possa nascondere, non c'è possibilità di fingere: io mi rivelo (anche a me stessa) per come sono veramente.
Scorbutica? Magari lo posso mascherare con chiunque altro, ma lì no.
Superficiale, pigra? Come in uno specchio fedele, vedo i difetti che non vorrei vedere.
Ma anche, come in nessun altro luogo, mi vengono restituiti i miei pregi, quelli in cui nemmeno io oso credere... E non venitemi a dire, figlie, "ma non vale, la mamma mi vuole bene, è per questo che mi fa i complimenti!": vi ricordate no, nel Piccolo Principe, "non si vede bene che col cuore"?
La mamma non può farci niente: è l'essere-in-relazione con lei, che mi rimanda la verità di me stessa, nella sua scomodità e nella sua bellezza.
Ho diversi esempi di madri e figlie che hanno fatto un pezzetto di strada con me:
Figlie che hanno avuto bisogno di fidarsi, di appoggiarsi, di riconoscersi. In quel legame. Madri che se lo sono ripreso in pieno, il proprio ruolo in quel legame.
Ultimamente sto lavorando con una mamma ed una figlia che hanno avuto bisogno di uno spazio apposito, dedicato a loro, e sono state brave perché se lo sono preso!
Nelle danze che faccio fare loro, vedo la figlia di dieci anni che va sicura, tende a dettare lei il ritmo, la direzione: più a fatica accetta di seguire, di farsi portare, ma poi si vede che qualcosa lascia andare, si rilassa.
In questo lavoro emerge una curiosità della figlia a sapere di sé, è la cosa che mi colpisce maggiormente.
"Dimmi chi sono!" chiede avidamente: "come sono stata da piccola, cosa facevo, perché litigo con mia sorella?" e, nel movimento: "dove è il mio confine, che limiti mi dai, dove inizio, dove finisco, c'è un posto tutto per me vicino a te o devo lasciarlo ai fratelli? E come faccio a passare da una postazione all'altra, senza perderti?"
E la mamma risponde. Semplicemente stando, col suo corpo: a volte dicendo qualcosa, ma non sempre. Stupita, anche lei, di quanto si giochi lì dentro nella loro relazione, dell'identità di sua figlia. Stupita anche lei, che non serva una mamma perfetta, a sua figlia. E' proprio lei, che serve: e questo basta. Anzi non si pone proprio il problema quantitativo: è lei, solo lei, la mamma. Così com'è.
Rimane una incertezza, negli occhi della figlia, che la cosa funzioni proprio così.
Rimane una titubanza, negli occhi della mamma, che la cosa funzioni proprio così.
Ma siamo solo all'inizio del percorso, e ci stanno prendendo gusto. Vi farò sapere come prosegue...

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