mercoledì 13 aprile 2016

figlia e mamma

"Vorrei chiedere una cosa alle figlie": detta così, durante il laboratorio creativo per madri e figlie, sembrava una domanda per la ottenne e la tredicenne partecipanti in quel momento. 
Invece era per tutte le presenti. 

Per le figlie non è di immediata comprensione che le loro mamme sono figlie, a loro volta.
Questa intuizione mi ha folgorato quando, in una delle prime situazioni che seguivo dopo la specializzazione in psicoanalisi della età evolutiva, la figlia quattrenne si era rivolta sorpresa alla madre: "mamma, ma la tua mamma ti vuole bene anche se sei grande?" (questo l'ho riportato anche in un mio vecchio articolo, "love me forever" ).

La domanda che volevo rivolgere loro era: "ma quando qualcosa non va come vorreste e vi arrabbiate, con chi vi arrabbiate? a chi date la colpa?"
Poteva essere una domanda difficile, ma la figlia ottenne che si era appena arrabbiata perché la ciotola di creta non le veniva come voleva, ha risposto ridendo: "con la mamma!"
Le mamme presenti hanno annuito. Un ricordo avrà attraversato le loro menti, forse un ricordo nemmeno troppo lontano.
A chi affidare il peso della nostra frustrazione, delusione, irritazione, impotenza, soprattutto se queste nascono dalla constatazione del nostro stesso limite, se non addirittura fallimento? 
Chi potrebbe reggere tutto questo, se non chi ci vuole bene più di tutti? Nessun'altra. 
E se anche lei non volesse stare a questo gioco, noi figlie ci proviamo, a fare le nostre rimostranze verso di lei, che riteniamo responsabile praticamente ogni volta che la realtà si rivela impietosa con noi.
Ma la mamma sta, "stabat mater". E stare lì con noi fino in fondo a quella emozione difficile, è l'unica cosa che ci permette di venirne fuori.

Faccio sempre notare alle mamme, ma anche ai papà, il passaggio cruciale in cui il figlio mostra di aver governato l'emozione: bisogna un po' allenare l'occhio, ma la cosa risulta evidente. Ce l'ha fatta.
Non bisogna aggiungere nulla di più, né gesti né commenti: ce l'ha fatta perché ha visto che tu sei stato lì con lui, con lei, che hai tenuto quella emozione.

Le mamme del laboratorio hanno così pensato a sé anche come figlie; forse hanno anche pensato alla fortuna delle proprie figlie, che hanno questa occasione di cogliere, nel momento creativo, delle indicazioni importanti per orientarsi. Ma credo che, se sono arrivate fin qui con le loro figlie, è perché già hanno saputo fare tesoro di quanto hanno ricevuto a loro volta, poco o tanto che sia stato.

Dal laboratorio ho visto uscire, quel pomeriggio, mamme pensose ma più sicure; figlie tranquille e più fiduciose.



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