Ripresento qui un mio articolo scritto ai tempi del mio primogenito neonato... (ora mio figlio ha 14 anni, ma mi sembra ancora necessario per aiutare altri genitori!)
di Elena Rovagnati
Sono andata alla inaugurazione di un nuovo asilo
nido vicino casa.
Il posto accogliente, colorato, stimolante: avrei voluto giocarci io, dentro
quella piscina di palline colorate. Tanti genitori, sorridenti; il commento che
girava di più era: "meno male, ce n'era proprio bisogno, qui in zona
praticamente è l'unico!".
Altre mamme discutevano che il nido è meglio della baby-sitter, ma la
motivazione non era un generico "perché non sai chi ti trovi"; era un
ben preciso timore che il bambino, con la baby sitter (in questo caso poco
onesta, oltre che poco preparata) possa stabilire un legame privilegiato che
vada a spodestare i genitori... allora il nido è meglio, perché il gruppo
"protegge" da rapporti esclusivi.
Una mamma mi chiede "E tu?".
"Io lo tengo a casa". Sguardi interrogativi, stupiti: sanno che
lavoro faccio. Sono persino consulente e formatrice di personale educativo di
asili nido.
Allora devo, goffamente, spiegare: dieci anni fa, ero abbastanza convinta
dell'inutilità, se non della dannosità, degli asili nido. Adesso penso
piuttosto che il nido sia il "male minore" (a condizione di certe
caratteristiche che poi dirò), e che sia una reale necessità, inevitabile, per
molti genitori. Alla mia risposta alcune mamme, non potendomi dire che non ne
capisco niente perché sono una esperta del settore, mi danno della
privilegiata, della fortunata.
Mi sento di precisare che sono i figli, ad essere privilegiati, fortunati, se
la mamma (od il papà!) può stare a casa con loro nei primi - fondamentali
- tre anni di vita.
Ma una mamma intende
"fortuna" anche quest'altra cosa: "Sì, ma tu sai cosa proporre
ai tuoi figli, hai studiato queste cose.... io per esempio temo di non far
giocare abbastanza mia figlia, non so che giochi farle fare... certo, cerco di
interessarla a tutte le cose che faccio in casa, ma..." "Ma questo è
già GIOCARE!" dico io.
E poi devo dare un'altra goffa spiegazione su che cosa ho imparato, in tutti
gli anni di studio....
La cosa che ho imparato ed in cui mi sono esercitata duramente, nella
formazione in psicoanalisi ed in danzaterapia, è stata di ascoltare, capire e
FIDARMI di quello che sento, per poterlo poi utilizzare.
E' questo lo strumento principale nella mia professione, lo sanno bene gli
“addetti ai lavori”.
Che banalità! Si potrebbe pensare, di primo acchito. Ma in genere ci si impiega
circa un otto anni, o di più, per imparare a fidarsi e ad "usare"
quello che sentiamo.
Ora che ci penso, mia madre aveva iniziato ad insegnarmelo sin da piccola, poi
è iniziata la scuola... dove ho imparato a fidarmi del mio cervello, del
ragionamento, della memoria, del "sapere". Solo dopo l'università ho
capito che mi mancava una preparazione nel "sentire". Che avevo
proprio relegato in un angolino e disprezzato questa facoltà.
Allora, altri otto anni di allenamento, di studio, per recuperare quella cosa
che mia mamma aveva iniziato ad insegnarmi... Una cosa che, a ben vedere, si
può acquisire non necessariamente con lauree e specializzazioni, dico
alla mamma che si sminuisce nella sua capacità genitoriale.
Nei miei corsi di pedagogia per operatori sociali, io insegno soprattutto
questo: le informazioni “tecniche” sull'infanzia si imparano velocemente, è più
difficile imparare a fidarsi dei sentimenti che si colgono nella relazione, e a
tenerne conto per gestire un intervento educativo efficace.
Un genitore che si fida di quello che sente, e lo utilizza nel rapporto col
proprio figlio, è già tanto, è già di più di quello che possono dare le
educatrici del nido, perché il genitore sente attraverso il canale privilegiato
dell'AMORE. Penso che un genitore, se si fida di ciò che sente e se impara ad
utilizzarlo nel suo ruolo educativo, è altrettanto adeguato (ed anche di più)
di una educatrice o psicopedagogista esperte, e può anche benissimo fare a meno
dell'asilo nido. Ma se per ragioni contingenti non è proprio possibile, la
caratteristica principale a cui deve guardare nella scelta del nido è che le
educatrici siano mosse da questo obiettivo principale: valorizzare e favorire
il rapporto genitore-figlio. La manualità, la socializzazione, credetemi,
vengono dopo.
Scegliete nidi che tengano incontri periodici con i genitori, (non semestrali!)
che vi coinvolgano in alcuni momenti, anche ludici, coi bambini; scegliete
educatrici che non vi svalorizzino, ma che accettino un confronto con voi. Se
vi accorgete di venir via dalle riunioni con una sensazione di inadeguatezza,
perché vi hanno sminuito nella vostra competenza educativa, venite via anche da
quel nido! Scegliete nidi che effettivamente attuano, e non solo propongono, la
collaborazione con la famiglia.