sabato 19 marzo 2016

Il papà è meglio dei Pokemòn!

Oggi per la festa del papà condivido qui alcuni estratti del mio articolo che potete trovare integrale su academia.edu

"...Questo mio scritto raccoglie e testimonia un ciclo di incontri che ho tenuto per sostenere e rafforzare la relazione tra un papà ed un bambino di 10 anni: il desiderio è di provare a raccontare il mio modo di lavorare, attraverso la narrazione di una storia che mi ha coinvolto ed emozionato, un percorso in cui ho accompagnato passo passo questo bambino ed il suo papà ad essere più consapevoli della enorme risorsa che è il loro legame.

Passiamo dunque ai fatti: S. mi viene inviato da una collega che segue i genitori dal punto di vista del loro compito educativo; questi mostrano infatti di essere piuttosto in difficoltà col  bambino, primogenito di due maschi, che presenta una certa riluttanza ad ogni richiesta sia a casa che a scuola; S. inoltre è molto coinvolto nei suoi giochi elettronici, che di fatto lo isolano e lo risucchiano in un mondo a sé.
Faccio quindi un colloquio di conoscenza coi genitori, che mi presentano un po’ la situazione, e propongo loro di vedere il bambino assieme al papà (pur aggiornando la mamma periodicamente del lavoro) per una serie di incontri con l’obiettivo di comprendere meglio gli elementi della relazione e aiutarli ad attivare strategie più efficaci dal punto di vista della comunicazione, per cercare di produrre un cambiamento a favore di una maggior “presenza” del bambino alla relazione stessa. Ipotizzo che questo abbia ricadute positive anche in ambito scolastico, come poi di fatto si verificherà.

Racconterò ora del percorso svolto e di alcuni passaggi salienti, messi in luce o favoriti da fiabe e giochi di movimento che hanno coinvolto padre e figlio.
(...)

S. inizia a parlare dei suoi Pokemon: ha portato davvero una montagna di carte.
Il suo primo disegno in seduta è di una serie di Pokemon raffigurati con tratto approssimativo; leggo il nome di un personaggio “fossilcranio”, e “scudo”. Come vissuto controtransferale, mi annoio moltissimo nell’ascoltare tutte le informazioni su queste figurine.
La cosa positiva che comunque osservo, è che  il papà riesce a calmare con pochi gesti l’irrequietezza motoria di S. che emerge in alcuni tratti della seduta, pur rimanendo tutto il tempo sulla poltrona.
(...)Il tema che le figurine introducono è in realtà molto interessante, perché il gioco è governato da un meccanismo di evoluzione (S. precisa che si tratta di evoluzione e non trasformazione, perché non si può ritornare indietro). 

(...)Dopo una danza in cui padre e figlio rappresentano, col movimento, dei Pokemon a due livelli differenti di evoluzione, S. dice “l’evoluzione deve rispettare dei passaggi, dei tempi. Il segreto della forza non è nella velocità, è nell’esperienza”.
(...)
Inizia qui una danza spontanea di padre e figlio, dove il papà solleva il braccio “molle” del figlio e gli dà una “scossa” vitale.
Questa danza diventa il punto centrale delle coreografie spontanee e ripetute appartenenti a questa diade, è il punto più carico di significato e di pathos del loro pas-de-deux: per me, testimone, è palpabile l’intensità dell’affetto, la fluidità nel passaggio, dal padre al figlio, di una energia che anima e che attiva.
E’ da questa energia ricevuta che S. si può rialzare e procedere nello spazio, con le spalle dritte in una direzione precisa, e poi si volta verso il padre sorridendo con uno sguardo che significa gratitudine e conquista di una certa autonomia di movimento e di scelta: è qui che S. propone dei movimenti al papà il quale a volte ripete divertito, a volte semplicemente guarda. E S. si sente finalmente guardato, e si lascia guardare senza più troppo temere di sentirsi giudicato. (...)
S. non ha più portato i suoi Pokemon in seduta.
Alla mia domanda circa il nuovo corso lui risponde “non ho più bisogno di portarli qua”, quindi riconosce che in seduta riesce ad entrare in contatto con qualcosa che lo “riempie”, funzione svolta dai Pokemon altrove.

Nei suoi disegni, (sempre schizzi sommari) sono via via meno presenti i suoi Pokemon ed inizia una nuova fase dove S. si ritrae assieme al papà: nei primi si vede il papà o lui cancellati, poi lui si ritrae con una testa a forma di cuore. 

domenica 13 marzo 2016

AIUTIAMO I BAMBINI A GESTIRE LA FRUSTRAZIONE

Ultimamente arrivano da me molti genitori che mi descrivono, preoccupati, alcuni atteggiamenti dei loro figli: dopo qualche domanda, emerge chiaramente che i comportamenti in questione (crisi isteriche, picchiare, mordere, lanciare gli oggetti, buttarsi per terra) hanno più o meno tutti a che fare con un intollerabile sentimento di FRUSTRAZIONE.

Iniziamo intanto, con l'aiuto di una psicologa di Los Angeles, Katie Hurley, a capire quali sono le cose che innescano la frustrazione, perché ogni persona (anche noi!) è vulnerabile a qualcosa in particolare, ad esempio:
- le transizioni (il bambino va in crisi quando da casa deve andare a scuola, dai giochi a nanna, dai giardinetti a casa...)
- le interazioni coi pari percepite come negative (mi prende un gioco; non riesco a prendergli un gioco...)
- sfide "prestazionali" (tagliare con le forbici potrebbe essere molto frustrante!)
- sentirsi fraintesi, non compresi dai pari o dagli adulti
- mancanza di controllo
- fame
- stanchezza
- eventi imprevisti

Avete già individuato quale tra queste cose potrebbe scatenare maggiormente la frustrazione in vostro figlio? Bene, i prossimi passi possono aiutare a coinvolgerlo in una migliore gestione:

- fare con lui una lista delle cose che lo fanno arrabbiare: mostrare empatia (es.:"Oh, anche a me questa cosa fa innervosire!) e poi invitarlo a strappare in pezzettini quel foglio, lanciandoli in aria
- insegnare a respirare profondamente: questo è un esercizio da farsi quando si è entrambi calmi, bisognerebbe contare fino a quattro per l'inspirazione, tre nel trattenere il fiato, quattro per l'espirazione. Katie Hurley suggerisce una visualizzazione, per ogni respiro fatto così immaginarsi un colore dell'arcobaleno che percorre tutto l'arco.
- gioco del semaforo: aiutarlo a riconoscere quando l'emozione è molto forte, c'è il ROSSO, bisogna cercare di non fare niente, di tenere ferma l'emozione; (magari fare la respirazione imparata) quando l'emozione diminuisce, il semaforo diventa GIALLO: qui la domanda è "cosa posso fare? chiedo aiuto? vado in bagno a rinfrescarmi?") quando passa, naturalmente c'è il VERDE!
 - fare una "mappa corporea": si può disegnare (o stampare ) una sagoma corporea e chiedere "quando ti arrabbi, dove la senti la rabbia nel corpo? coloriamo questa parte di rosso?" .

Imparare a "sentire" cosa accade nel corpo quando si prova la frustrazione e le altre emozioni è importante: aiuta a non farsi sovrastare e travolgere, è come riconoscere un luogo, un percorso, e sapere come se ne può venire fuori. E' fondamentale fare questa esperienza col genitore: fin da quando siamo nati, infatti, è proprio dentro il loro abbraccio che abbiamo sperimentato, di ogni emozione, sensazione, CHE PASSANO. E lì, dentro l'abbraccio, possono accadere e andarsene, senza mandarmi in pezzi.

Questa esperienza, ripresa in modo creativo con fiaba, danza e arte, la riproponiamo per genitori e i loro bambini della scuola dell'infanzia, nel laboratorio "E se mi emoziono?" a Spazio per me: il primo appuntamento è domani, lunedi 14 marzo ore 17.00!