Quando ti accorgi che vuoi avere ragione con tuo figlio, sei dentro a un braccio di ferro!
Attenzione, perché questo implica che ci sarà chi vince e chi perde... e se qualcuno perde, è la relazione, il legame, che perde.
E se invece, allora, proviamo a mettere questo legame, questa relazione, sopra di tutto?
Scopriremmo che
- potremmo anche dire "sai forse potresti avere ragione tu"
- potremmo anche dirci "mi prendo un momento finché non riesco a contenere la mia emotività e reattività"
- potremmo anche trovare un momento migliore, con meno tensione, dove poter confrontarci con nostro figlio sull'argomento che ci ha messo nel braccio di ferro;
(notate: noi abbiamo un argomento su cui la pensiamo diversamente... il noi è dallo stesso lato, non è messo in discussione, è l'argomento che sta dall'altra parte della barricata)
Se lo troviamo, questo momento, (quindi non a cena, se il braccio di ferro è sul mangiare le verdure!!!) potremmo scoprire che abbiamo la possibilità di costruire assieme una visione della realtà, facendo domande che rendano nostro figlio parte del processo, anche coinvolgendolo (sempre prendendo l'esempio delle verdure) nella preparazione, magari addirittura provando a coltivarle assieme, oppure semplicemente offrendogli una scelta tra due cose: questo lo fa sentire con un po' di potere.
Del resto, anche se potrebbe sembrare di gestione più semplice, davvero vorrei che mio figlio fosse un mini-me? Un me in miniatura? I figli hanno le loro idee, sensazioni, convinzioni... e ne avranno sempre di più, e sempre più forti, crescendo!
Proviamo a chiederci: come vorrei che mi fosse detto? Non vorrei sentirmi comandata!
Quando Francesco era piccolo, capitava che ci fossero degli scontri (del tipo: non voleva mettersi le scarpe, o spegnere la televisione) e lui, dalla commovente altezza dei sui tre anni, diceva con veemenza: "non voglio!". Ma io avevo trovato che con lui funzionava questa mia risposta semplicissima: "ma IO voglio!".
Incredibile, ma bastava perché lui ci pensasse un attimo e poi faceva quello che gli era stato chiesto. Questo perché a quella età noi genitori siamo ancora delle semidivinità per i nostri figli; Francesco non trovava obiezioni al fatto che ero io a volere una cosa. (Ora non è più così...!)
Ricordiamoci: stare nella relazione è più importante che vincere, assicuriamoci che nostro figlio si senta sempre connesso con me genitore; se attiviamo la nostra creatività, troveremo certo qualcosa che ci rispecchia e rispecchia la personalità di nostro figlio, solo se ci ritagliamo del tempo. (gli americani dicono "teachable moment", un momento dove si possa passare un insegnamento)
Validiamo le nostre emozioni, ma anche le loro: chiediamoci come si potrebbe sentire mia figlia in quella situazione, cerchiamo magari di ricordarci noi alla sua età, che emozioni vivevamo. Proviamo ad empatizzare, a comprendere, che non vuol dire giustificare o permettere qualsiasi cosa.
A volte il braccio di ferro lo inneschiamo perché mossi dalle nostre paure: e quindi spesso non vediamo una via di mezzo tra essere rigidi, intransigenti, bloccare tutto, o dal lato opposto dichiararci sconfitti.
Ma loro vogliono crescere, non possiamo bloccarli! E devono crescere in sicurezza, non possiamo arrenderci!
Spesso la via di mezzo è possibile trovarla nel confronto col partner: l'altro genitore è indispensabile per aiutarmi a comprendere le diverse sfaccettature di nostro figlio (qualcuna la vedo io, qualche altra la vede lui), e per il figlio è importante sentirsi visto e pensato da entrambi.
Inoltre, nel confronto con l'altro genitore, ho la possibilità di cogliere anche aspetti di me (ad esempio in che situazioni sono più reattiva, e di cosa ho bisogno in qui momenti per gestire meglio le mie emozioni).
E' un lavoro di squadra!
Nessun commento:
Posta un commento