venerdì 4 agosto 2017

Parlare al cervello limbico dell'adolescente. Provarci, almeno

Yes sono madre di adolescenti.
Avete presente i luoghi comuni sull'adolescenza? Ok sarebbe troppo facile. E inutile. Ho deciso invece di confrontarmi con questa esperienza che la mia amica di Facebook Alison Smith coraggiosamente racconta (ma perché è finita bene, eh! Lei è una coach!)
Non è facile, ma è quanto molti esperti di oltreoceano (Dan Siegel in testa) sostengono sia utile: parlare al cervello emotivo, non a quello razionale. Partire dalle nostre emozioni, esserne consapevoli. "Il fattore predittivo più affidabile per il benessere di un figlio è la consapevolezza del genitore" dicono gli esperti.
Ora che ci penso farò il prossimo post sugli esercizi di consapevolezza per genitori.
Adesso la storia di Alison:
"Mia figlia ha cominciato a comportarsi male. Dopo diverse ore di irritabilità , ne avevo abbastanza di essere trattata come un sacco da boxe. Ho dovuto combattere l'impulso di prenderla sul personale. (Perché sentirsi calpestata riguardava me, il suo umore riguardava lei) Eppure ero così vicina a chiederle: "Qual è il tuo problema in definitiva?" Semplicemente dalla frustrazione. Garantisco che veramente volevo sapere quale fosse il problema - in modo da poterla aiutare a trovare una soluzione - ma il mio tono irriverente non avrebbe invitato ad uno scambio amorevole. Così, invece, ho preso un respiro lento e ho espirato ancor più lentamente; per dare al mio sistema nervoso il messaggio che tutto andava bene. "Non esiste alcuna emergenza qui: il suo comportamento è solo quello che vedo in superficie", mi ricordai. "Che bisogno potrebbe comunicare?"
Ora che ero pronta per esserle effettivamente utile, ho detto di come avessi notato che sembrava fuori di sé. E di come non agisse da lei. (Nessuna colpevolizzazione. Non parliamo di scelte migliori che avrebbe potuto fare.) Chiesi se sapesse che cosa la preoccupava. E aspettai che lei accettasse l'invito a parlare.
Indovinate un po'? Non mi è tornata indietro alcuna mancanza di rispetto. Nessuna rispostaccia o occhi al cielo. Solo un rilassamento delle spalle. "Non lo so, mamma" disse con tristezza nella sua voce. Ah sì. Questo riguardava lei. Sta lottando con qualcosa.
Non importa davvero quale sia il problema. (Questo potrebbe essere un momento come tanti negli ultimi anni.) E il mio consiglio certamente non fu sconvolgente. Infatti, probabilmente non ne ho nemmeno dato nessuno.
Quello che ho voluto condividere con voi ora è l'immenso potere del rapporto che creiamo con i nostri figli. Accettando di supporre che non mi stava disapprovando (anche se fosse stato), sono stata in grado di incontrarla con curiosità e compassione piuttosto che mettermi sulla difensiva.
Stava davvero avendo un momento difficile, non voleva crearne uno a me.
Mantenere la nostra comunicazione aperta e la nostra relazione collaborativa, mi ha aiutato ad aiutarla. In quel momento, avremmo potuto facilmente scollegarci a causa di sentimenti agitati. Invece, ci siamo avvicinate."

Se volete dare un'occhiata all'egregio lavoro di Alison, ecco il link:
www.alisonsmithcoaching.com


questa immagine è tra le vincitrici del concorso UnicaLara 2014 concorso UnicaLara