Riporto qui alcuni stralci tradotti dal lavoro della pedagogista Claire Lerner, sulle emozioni del bambino e su come aiutarlo a gestirle:
Sin dai primissimi mesi di vita, ben prima che possano usare parole per esprimersi, i bambini hanno la capacità di esperire picchi di gioia, eccitazione, ma anche sentono paura, dolore, tristezza, disperazione e rabbia - comprensibilmente molti adulti trovano difficile da accettare che un bambino così piccolo possa provare tali emozioni. La ricerca ha anche mostrato che l'abilità dei bambini di gestire efficacemente la propria intera gamma di emozioni (conosciuta come auto-regolazione) è uno dei più importanti fattori di successo a scuola, al lavoro, e nelle relazioni a lungo termine.
Così un primo passo nell'aiutare tuo figlio a gestire i suoi sentimenti non è il temerli, ma accoglierli - tutti quanti. Le emozioni non sono giuste o sbagliate, semplicemente ci sono. Tristezza o gioia, rabbia e amore, possono coesistere ed essere parte della collezione di emozioni che i bambini sperimentano. Quando aiuti tuo figlio a comprendere le sue emozioni è meglio equipaggiato per poi effettivamente gestirle.
Uno dei maggiori ostacoli nel fare ciò - e lo riscontro spesso nel mio lavoro con i genitori, è che questi operano sotto il falso assunto che avere figli felici significa che devono essere felici tutto il tempo. Attraversare esperienze difficili, venire a capo di tristezza e dolore costruisce resilienza, ed è in ultimo ciò che dà ai figli un senso di contentezza e benessere.
Cosa possono fare i genitori?
Iniziando dai primissimi mesi, sintonizzarsi con i suoni, le espressioni facciali e i gesti del bambino rispondendo con sensibilità, così che i bambini sappiano che le loro emozioni sono riconosciute e considerate importanti. Emozioni come rabbia, tristezza, frustrazione e contrarietà possono essere stravolgenti per i piccoli. Nominare questi sentimenti è il primo passo nell'aiutare i bambini ad identificarli, ciò comunica loro che questi sentimenti sono normali. Questo può significare il riconoscere la rabbia di un bambino di un anno e mezzo nel lasciare il parco giochi, mentre lo si aiuta ad entrare in macchina; confermare la frustrazione di un bambino di due anni quando la sua torre di costruzioni continua a cadere; oppure empatizzare con la tristezza di un bambino di tre anni quando i nonni se ne vanno dopo una visita.